Il mio primo incontro con Monsignor Enriore avvenne in età relativamente tarda. Pur essendo nato nei contini della Parrocchia avevo frequentato il catechismo nella mia scuola, il Collegio Sacra Famiglia, dove studiavo a tempo pieno e dove avevo ricevuto la Prima Comunione e la Cresima: il che mi aveva tolto ogni occasione di frequentare la Parrocchia e le attività giovanili. In compenso, dall’inizio del Ginnasio, avevo preso l’abitudine di interrompere la giornata di studi per partecipare alla Santa Messa vespertina dei giorni feriali, solitamente celebrata da Don Visetti. Una sera me lo ritrovai come celebrante: mi presentai, gli dissi cosa stavo facendo. Non mi rispose nulla e iniziò la celebrazione . Al momento dello scambio del Segno della Pace mi strinse la mano e, come formula di saluto, mi disse " Vieni domenica mattina alle otto !" . La successiva domenica, alle otto, mi presentai puntuale per la Santa Messa ed il Parroco mi presentò subito a Don Eugenio , oggi parroco di Virle: " Ho trovato chi ti serve Messa" gli disse con il tono di chi accoglie in squadra un esordiente che diventa da quel momento uno di noi: da quella domenica cominciò un’avventura spirituale che dura ancor oggi. Era il 24 ottobre 1971. Continuo tuttavia a chiedermi come mai per invitarmi avesse scelto il momento dello scambio della Pace anziché chiamarmi subito dopo la celebrazione in sacrestia. Un caso ‘? credo di no. Forse si trattava uno stile in cui il celebrante faceva un tutt’uno con il suo mondo e con i suoi parrocchiani ; forse la sua dimestichezza con le cose importanti lo rendeva abile nel farne contemporaneamente due, offrire a Gesù il Sacrificio della Messa e fare il talent scout . Ciò che più conta per me è che la consapevolezza di entrare in punta di piedi in un progetto più grande di me mi spingeva a continuare non fosse altro per vedere come sarebbe andata a finire : oggi la storia continua. Dopo quell’incontro non ebbi occasione di lavorare con lui gomito a gomito, ma i nostri incontri successivi all’insegna della stima e del reciproco affetto si arricchirono di episodi indimenticabili. Come quella volta che, alla fine della Messa , il celebrante invitò a pregare per il nostro Parroco che aveva appena perso il padre. Poiché nei giorni successivi non avrei avuto modo di vederlo per fargli le condoglianze né avrei potuto partecipare al funerale, chiesi al sacerdote di fargli avere le mie condoglianze. Presi il primo pezzo di carta che mi capitò in mano, un cartoncino pubblicitario scritto fittamente e scrissi un messaggio che univa alle condoglianze l’assicurazione che avrei pregato per lui: riuscii a fare stare il tutto nel margine del volantino e mi consolai pensando che c’è gente che riesce a scrivere un romanzo sul guscio di un uovo. Passarono molte settimane in cui non incontrai Monsignore e mi dimenticai completamente del biglietto. Per questo non riuscivo a capire a cosa si riferisse quando, incontrandolo una domenica mattina mi salutò dicendomi " Ciao, Piero, grazie del tuo pensiero". Glielo dissi e mi rispose aprendo il breviario e facendomi vedere che ,tra i santini che facevano da segnalibro, c’era anche il famoso volantino. Fu la volta che imparai che la carità è un bene , ma se fatta subito è un “ meglio". Potrei ricordare molti altri flash che segnano tutt’oggi la mia età matura ma su tutti me ne è caro uno di stringente attualità. Una domenica, dopo il mio servizio in chiesa, lo salutai mentre leggeva la pagina politica della stampa e si lamentava dell’ennesimo deteriorarsi della situazione politica. Non mi ero mai interessato gran che dell’argomento e, quando si trattava di votare, votavo abbastanza a caso. Quando incominciò a spiegarmi cosa non andava nel quadro che stava emergendo dal giornale lo interruppi con una domanda a bruciapelo :" Ma come fa un cristiano oggi a scegliere in politica ?" . molto facile, guarda" mi rispose e girò la pagina mostrandomi una tabella con tutti i simboli dei partiti in Parlamento che sembrava che fosse messa li apposta per noi. "Un cristiano — continuò - deve scegliere persone e partiti che la pensano come noi e pensarla come noi vuol dire, per intanto, no al divorzio e no all’aborto. Ma allora — scorse il dito sulla tabella — questi li puoi buttare via tutti e ne rimangono solo pochi. Poi c’è la libertà e dobbiamo allora toglierne ancora qualcuno che non vede bene l’uomo libero. Allora, togli e togli , ne resta soltanto uno " e mi additò l’ultimo simbolo della lista che cominciò ad accompagnare l’esperienza politica di un giovane che diventava maturo di colpo.
In compenso con Monsignor Enriore condividevo la sua passione per il Toro e questa non aveva bisogno di essere fomentata: ci pensava l’ambiente sportivo, in quegli anni molto vivace e non violento e trovavo naturale raccontargli della mia domenica sportiva che comprendeva al mattino la Messa e al pomeriggio la partita rigorosamente con i miei genitori, papà della Juve e mamma del Toro. Sapevo che si dilattava di questi momenti in cui trovavo il modo di esternargli che sognavo in mondo migliore anche attraverso il pallone. Ma quando mi vennero a dire che in un’omelia domenicale aveva spiegato la fraternità raccontando di un giovane parrocchiano con i genitori delle due squadre cittadine ( e chissà come saranno i derby) mi sentii di colpo importante e mi rallegrai del fatto che desse ragione alla mia visione del mondo semplice con tanta fede e tanto sport. Non ho memoria, in compenso, di un episodio che abbia segnato in modo ufficiale il nostro arrivederci in paradiso. Ricordo invece con dolente affetto di aver tenuto aperta a fatica la porta della chiesa nella processione di ingresso dei con celebranti al funerale molti dei quali, a causa dell’immensa folla mi gratificarono di un involontario quanto inevitabile pestone sui piedi e di aver suonato le campane per tutta la sua funzione, prima con rintocchi a morto e, alla fine, con uno stormo a festa che lo accompagnasse nel regno che si era meritato.
Piero Bonello: